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Strategie di Ricodificazione di Sistemi di Credenze solidificati o tanto sabotanti perché nascosti

Io sono così. Quante volte l’ho sentito dire.
Non ci posso far niente. Sono sempre stato così. E niente cambia e tutto continua nello stesso modo.

La sfida di reinventarsi, di prendersi il lusso ed il potere di sentire e comprendere chi vogliamo essere, inizia con comprendere che siamo in fondo nessuno.

Nel processo di re-identificazione la sfida più grande sono tutti i concetti di sé, tutte le credenze, tutto ciò che abbiamo pensato, immaginato e creduto di noi stessi, come pure tutto ciò di cui le persone attorno a noi hanno pensato, immaginato e creduto di noi.

Trovare il coraggio di essere nessuno, di scoprire chi vogliamo essere, di scegliere e decidere da soli chi vogliamo essere è la più paurosa ed al contempo entusiasmante esperienza che si possa scegliere.

Spesso nella perdita dell’identificazione personale si tende a perdersi, a smarrirsi al punto di entrare in spirali negative: basta scoprire di essere stati adottati, o dopo un incidente non ricordare la propria vita, le persone che erano attorno a noi e quanto dentro di noi provavamo per loro.

Nella perdita dell’identificazione personale emergono però gli elementi primari del motivo per cui tanto ci attacchiamo a chi crediamo di essere: perdere sé stessi è una delle più grandi paure, tanto grande da far mancare il respiro, da dare l’impressione che manchi la terra sotto i piedi.

L’autostima costruita su chi crediamo di essere, su ciò che pensano gli altri di noi e su tutti i conseguimenti e traguardi raggiunti nella vita, può svanire nel nulla e far crollare la persona più apparentemente sicura di sé. L’autostima basata su questi criteri è fragile ed è prima conseguenza di crollo nella propria esistenza a livello privato, ma soprattutto a livello professionale.

Ho rivisto da poco tempo una persona che avevo conosciuta così sicura di sé, quasi imponente nella statura, nella prestanza, nell’esprimersi e nello svolgere il proprio compito professionale. Questa persona ha subito nella propria vita professionale dei cambiamenti, dovuti a ristrutturazione aziendale che si espansa, e questa persona nel cambio di ruolo, nel cambiare protocolli, nello svolgere in modo diverso il proprio compito è quasi sparito: è sembrato come se la sua statura si fosse ridotta tanto da non sembrare la stessa persona, quasi come se avesse perso dieci centimetri di statura. La prestanza svanita, l’abbigliamento che lo faceva sembrare ancora più piccolo. Nonostante tentasse di convincermi del proprio ruolo, del quale io del resto non ho mai dubitato, era palese la perdita della propria identità professionale tanto da sembrare che quasi, e ripeto quasi, non sapesse svolgere il proprio lavoro.

Ed a quanti capita oggi giorno ?

I continui cambiamenti in ambito professionale dove un lavoro a lungo termine sembra quasi un miraggio e dove, anche quando si mantiene il proprio posto di lavoro, l’imperativo è l’aggiornamento, il rinnovarsi, professionalmente e personalmente. Quanti tengono testa a tutto questo veramente e non solamente di facciata ?

Il conseguente smarrimento alla propria identificazione in ogni ambito della vita è tanto sconvolgente che viene percepita come evento drammatico e destabilizzante: si possono perdere carriere, relazioni sentimentali, matrimoni e famiglie. La spirale può essere senza fine unicamente per un focus negativo mentale d’immagine di sé trattenuta nei pensieri, emozioni ed immagini interiori.

Spesso la propria perdita di identità avviene semplicemente con il pensionamento per le persone che si sono identificate unicamente nel proprio ruolo professionale e senza il quale la propria vita non esiste.
Di fatto solo non è ancora stata progettata e vissuta.

Scoprire invece che il cambiamento e/o la perdita della propria identità è un evento, per quanto possa essere spiacevole, e conseguenza estrema di quanto non si era accettato, né tanto meno integrato, tanto da degenerare e provocare un cambiamento ancor più drammatico, può potenzialmente essere  un processo di trasformazione ed opportunità, è ancora per molti una sfida apparentemente troppo grande.

A torto ho sentito affermare per anni che questi sono i momenti in cui il vero cambiamento avviene, mentre queste situazioni sono sempre e solo conseguenza di estrema rigidità, di paura del cambiamento che ne provoca uno ancora più penoso.

Essere in balia della propria identificazione può esser la più pericolosa delle situazioni sia perché provoca immobilità nella propria vita e nessuna evoluzione, sia perché tende a provocare cambiamenti drammatici.

Quando invece il cambiamento è nostro amico, quando rinnovarsi è indicazione di auto stima e fiducia in sé stessi non basati su eventi o conseguimenti esterni, i cambiamenti drammatici hanno poca possibilità di entrare nella nostra vita.

Avere saldamente le redini della nostra esistenza non è vivere di controllo, bensì di fiducia nelle proprie risorse interiori, nelle proprie capacità, nella Consapevolezza e capacità di discernimento di chi vogliamo essere, dove vogliamo andare, quali mete vogliamo e sappiamo raggiungere e del lavoro necessario per i conseguimenti che ci prefiggiamo.

Troppi ancora vivono di facciata, di ciò che vogliono far credere, invece di quello che sono veramente e continuano nella loro vita in un mare di incertezza, un mare di ansie ed angosce che li divorano che solo farmaci, sport o pratiche attenuano ma che non risolvono veramente la causa che le ha scatenate.

Oggi giorno il termine coach è anche troppo usato quasi che frequentare qualche week end di formazione bastasse, arrogantemente, a seguire la vita altrui, sia privata che professionale.

Mi sono sentita dire più di una volta da professionisti che i corsi di coaching ai quali sono costretti a partecipare il più delle volte sono tenuti da persone che fanno solo “scena” e che alla fine della giornata non hanno dimostrato di aver insegnato alcun che di valido, alcun che di nuovo, ripetuto e conosciuto per il mare di pubblicazioni che ormai sono ovunque.

Ormai è da parecchio che si sente parlare di sistemi di credenze e modelli di pensiero, e della loro ricodificazione o riconfigurazione. Troppo spesso si ripetono gli stessi concetti passati da un coach internazionale all’altro, mentre dietro la grande immagine, la profondità manca e ciò che è offerto è poco più l’ennesimo prodotto pronto per il consumo.

Essere terapeuti, coach, mentori non è il risultato di corsi o workshop, bensì il reale constante trasformazione di sé che è di prima esperienza e diviene competenza nella pratica e dedizione alle persone delle quali ci si occupa.

Un/a coach vero invece è catalizzatore di opportunità e colui/e in possesso di strumenti che permettono alle persone di cambiare veramente la propria esistenza, insegnandovi il cambiamento, la capacità di rinnovarsi senza alcuna difficoltà.

Rimanere bruco, invece di esplorare la via della trasformazione e metamorfosi, permette di dispiegare le ali, rivelando lo splendore del proprio impareggiabile ed unico volo.

Invito tutti gli interessati alle mie sessioni in studio ed online.

Copyright Scintilla di Monica Scandella 2020

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